Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano
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Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano
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Il disagio mentale è un problema sociale: con basso livello di istruzione prevalenza doppia

A confermarlo, oltre l'OMS, è anche l'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane: oltre 300 milioni di persone nel mondo sono caratterizzate da disturbi depressivi, 2,8 milioni sono gli italiani che ne soffrono con conseguente collocamento della depressione tra le principali cause di disabilità a livello mondiale.

 

Sembra esistere una relazione tra il livello di istruzione e questo disturbo. Tra coloro che hanno un'età maggiore di 35 anni e un basso livello di istruzione viene osservata una prevalenza del disturbo pari al doppio di quella osservata tra i coetanei con un titolo di studio elevato. I dati che emergono sono il 3,4% vs il 7,5% per gli adulti tra i 35 ed i 64 anni ed il 6,3% vs il 16,6% tra gli anziani.

Sono state riscontrate anche differenze considerando le condizioni economiche. In tal senso, i soggetti con reddito più basso mostrano prevalenze del disturbo quasi doppie rispetto ai coetanei con reddito più alto.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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Depressione. Studio preclinico Iss: “Farmaci più efficaci grazie ad una maggiore plasticità neurale”

Depressione. Studio preclinico Iss: “Farmaci più efficaci grazie ad una maggiore plasticità neurale” | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

E' stato condotto uno studio preclinico presso l'Istituto Superiore di Sanità per comprendere quale possa essere il metodo più indicato e alternativo per trattare quei soggetti che non rispondono al trattamento con antidepressivi serotoninergici.

Lo studio ha preso in considerazione ed ha analizzato i processi di neuroplasticità e di infiammazione cerebrale.

 

Per I. Branchi, uno degli autori dello studio: "Neuroplasticità e infiammazione cerebrale sono interdipendenti ed il nostro lavoro mostra come fenomeni di neuroplasticità, quali la formazione di nuove connessioni tra le cellule del cervello, necessari per l'effetto benefico degli antidepressivi, siano possibili solo quando l'infiammazione è mantenuta all'interno di uno specifico intervallo fisiologico di valori".

 

Anche S. Poggini, ulteriore conduttrice dello studio, ha affermato: "Abbiamo potuto constatare come livelli troppo alti o troppo bassi di infiammazione siano associati a una ridotta plasticità cerebrale e come mantenere l'infiammazione in un intervallo fisiologico di valori sia associato a una più alta neuroplasticità".

 

Che la chiave del trattamento sia proprio questa ovvero equilibrare la neuroplasticità e l'infiammazione? Si attendono studi clinici per dare risposta.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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Percezione del dolore: come cambia con la depressione

Percezione del dolore: come cambia con la depressione | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

E' possibile che un disturbo dell'umore come la depressione possa influire sulla percezione del dolore?

 

In un recente studio sono stati messi a confronto pazienti con episodio depressivo maggiore e pazienti che non soffrivano di tale disturbo appartenenti al gruppo di controllo.

I ricercatori hanno confrontato la sensibilità al dolore dei due gruppi attraverso l'utilizzo di dispositivi stimolanti la temperatura.

 

E' emerso che i pazienti con il disturbo dell'umore percepivano il dolore ad un livello di temperatura inferiore rispetto a quello dei controlli.

 

Secondo i ricercatori, la differenza nella percezione soggettiva del dolore sembrerebbe essere attribuibile ad un particolare pregiudizio negativo, da un punto di vista cognitivo ed emotivo, che influenzerebbe i pazienti con depressione.

Un'elaborazione preliminare degli aspetti emotivi del dolore, da parte della corteccia, sembrerebbe influenzare la percezione vissuta dai pazienti depressi esponendoli ad una maggiore sensibilità nella percezione degli stimoli dolorosi.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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Perdita dell’udito e rischio depressione

Perdita dell’udito e rischio depressione | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Che correlazione c'è tra la perdita dell'udito ed il rischio di sviluppare depressione?

Un team di ricercatori australiano ha effettuato una revisione di 35 studi precedentemente condotti dalla quale è emerso che gli anziani che mostravano una forma di perdita dell'udito, rispetto alle persone senza questi problemi, avevano il 47% in più di probabilità di manifestare la sintomatologia depressiva.

Ma, quale potrebbe essere il meccanismo di questa correlazione?

 

L'autore principale dello studio, Blake Lawrence, ha affermato: "Sappiamo che gli anziani con perdita dell'udito spesso rifuggono le occasioni sociali come eventi familiari perchè hanno difficoltà  a comprendere le altre persone in situazioni dove c'è confusione. Ciò può condurre a solitudine emotiva e sociale".

 

Sulla base di queste evidenze che fanno ipotizzare questa correlazione, un altro professionista non coinvolto nello studio, N. Reed, ha affermato: "Quando abbiamo una perdita dell'udito significa anche che inviamo al cervello un segnale uditivo più debole da processare. Questo segnale debole può far sì che il cervello debba intensificare la sua attività per comprendere un suono (cioè l'eloquio) a spese di un altro processo neurale (cioè la memoria di lavoro). Inoltre, il segnale debole può costringere alcune aree e vie neurali a riorganizzarsi, il che potrebbe modificare il modo in cui il cervello, inclusi gli aspetti che regolano la depressione, funziona".

 

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Il meccanismo antidepressivo della ketamina

Il meccanismo antidepressivo della ketamina | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

La scienza e la ricerca hanno fatto notevoli passi in avanti nell'ambito del trattamento farmacologico della depressione, anche se, i farmaci in uso, richiedono un tempo di circa 2-3 settimane per entrare in circolo ed esortire gli effetti. Questo tempo di latenza elevato, però, può in alcuni casi essere particolarmente critico. Inoltre, quasi il 30% dei pazienti con depressione risulta resistente ai trattamenti farmacologici.

Per questi motivi, sono state prese in considerazione altre sostanze da studiare.

 

In particolare, uno studio condotto dai ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York ha posto l'attenzione sulla ketamina, sostanza inizialmente usata come anestetico che, assunta a dosaggi bassi, ha degli effetti antidepressivi quasi immediati ma con una durata piuttosto ridotta. Nello studio si è cercato di far luce sul meccanismo d'azione di questa molecola, ancora non del tutto conosciuto.

 

I ricercatori hanno notato che la ketamina ha permesso il ripristino parziale delle spine dendritiche precedentemente scomparse, piccole protuberanze sulle ramificazioni dei neuroni importanti nella ricezione dei segnali provenienti da altri neuroni, e hanno notato l'alleviamento dei comportamenti depressivi.

 

Ampliando la conoscenza del meccanismo d'azione della ketamina si necessita di ulteriori studi che permettano di allungarne il periodo d'azione.

 

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Smiling depression: la depressione mascherata

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Abbiamo mai sentito parlare di smiling depression? E' un'espressione non in uso tra gli esperti di benessere e salute mentale i quali probabilmente preferiscono parlare di depressione atipica, ma è un'espressione molto digitata sul web, soprattutto nell'ultimo anno, per comprendere meglio cosa sia.

 

Secondo O. Remes, ricercatrice dell'Università di Cambridge: "Potrebbe sembrare che le persone con smiling depression non abbiano motivo per essere tristi: hanno un lavoro, un appartamento e spesso anche bambini o un compagno. Sorridono quando le saluti. Indossano una maschera per il mondo esterno. Dentro, tuttavia, si sentono senza speranza e scivolare verso il basso, a volte anche pensando di farla finita con tutto".

 

Questa condizione di depressione con il sorriso o di depressione mascherata non va sottovalutata anche se è difficile scoprirne la presenza a causa del fatto che i sintomi depressivi non sono visibili e rintracciabili, ma sono mascherati.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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Screening depressione per pazienti con malattie cardiovascolari

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Perchè è importante effettuare uno screening per la depressione in pazienti con patologie cardiovascolari? E' importante perchè l'incidenza della depressione in soggetti con questo genere di patologie è di un soggetto su cinque. Inoltre, la depressione tende a peggiorare i fattori di rischio per patologie cardiovascolari riducendo l'adesione a stili di vita sani e terapie mediche.

 

Sulla base di questi elementi è stata proposta una modalità di screening da parte della Icahn School of Medicine presentata in un articolo che verrà pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology. Questa modalità di screening prevede che il soggetto risponda ad un questionario online che comprende due domande. Coloro che risultano positivi dovranno rispondere ad altre sette domande che integrano i criteri diagnostici per la depressione e altri sintomi depressivi.

 

I risultati ottenuti e quindi gli screening positivi non devono essere considerati diagnostici, ma semplicemente campanelli di allarme per poi effettuare ulteriori valutazioni tramite strumenti strutturati o colloqui con un medico che andrà a collaborare con il cardiologo di riferimento.

 

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Lavorare nei weekend aumenta il rischio di depressione

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Quanto il lavorare tanto e a lungo, anche nel fine settimana, e la mancanza di tempo libero incidono sulla salute mentale dei lavoratori?

E' stato condotto uno studio basato sull'analisi dei dati ottenuti da alcuni sondaggi che hanno riguardato 11.215 uomini e 12.188 donne che lavoravano nel Regno Unito tra il 2010 ed il 2012.

 

Cos'è emerso?

Per quanto riguarda le donne, è stato notato che la metà lavorava meno di 35 ore settimanali e solo la metà svolgeva qualche fine settimana. Il maggiore rischio di depressione nelle donne si mostrava solo quando superavano le 55 ore settimanali e quando lavoravano la maggior parte dei fine settimana.

Per quanto riguarda gli uomini, è emerso che lavoravano  più a lungo delle donne e tra questi due terzi svolgeva un lavoro anche nei fine settimana. Gli uomini che lavoravano meno mostravano un numero maggiore di sintomi depressivi e questi ultimi, legati al lavoro nel fine settimana, aumentavano quando non amavano le loro condizioni di lavoro.

 

Secondo l'autore dello studio, G. Weston: "I datori di lavoro dovrebbero rendersi conto che lunghi orari e turni nei fine settimana possono compromettere la salute mentale dei lavoratori. Abbiamo bisogno di passare da una cultura di richieste irrealistiche e di premi bassi a una in cui i lavoratori siano supportati e valorizzati, sentano di avere il controllo, vedano uno scopo e abbiano tempo sufficiente per il recupero e il tempo libero".

 

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Disturbo Bipolare: l'importanza di intervenire con farmaci e psicoterapia

Cos'è il disturbo bipolare e quali sono le possibilità di cura?

Il disturbo bipolare viene categorizzato all'interno dei disturbi dell'umore ed è proprio questa la sua peculiarità. Esso rimanda ad un'alterazione, un'oscillazione del tono dell'umore, da episodi maniacali ad episodi depressivi. Un soggetto con disturbo bipolare in fase maniacale si sente felice, ha molta energia e voglia di fare. Di contro, in fase depressiva lo stesso soggetto può sentirsi triste, avere poca energia e ritirarsi socialmente.

 

La combinazione di un intervento farmacologico e psicoterapico rappresenta la modalità di intervento più efficace nel trattamento di queste oscillazioni del tono dell'umore, intervento che va perseguito in maniera corretta e coerente in quanto può ridurre la gravità e la ricorrenza degli episodi di variazione dell'umore.

 

Il soggetto con disturbo bipolare può con il tempo imparare a riconoscere i primi segni di cambiamento dell'umore e sviluppare strategie per ridurne l'effetto. Risultano anche essere importanti tutte quelle azioni che possono essere svolte per se stessi come avere una dieta salutare, fare esercizio fisico, costruire relazioni positive.

 

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Microbiota intestinale: può influenzare la depressione

Microbiota intestinale: può influenzare la depressione | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

E' stato condotto uno studio presso l'Università di Lovanio in Belgio che ha messo in relazione i batteri all'interno dell'intestino e la salute mentale. In particolare, si è cercato di capire se la presenza di tipi particolari di batteri situati nel microbiota intestinale, o la loro carenza, possano alterare o meno la salute mentale, incrementando la possibilità di sviluppare depressione.

 

Dall'analisi del microbiota intestinale del campione sottoposto allo studio e appartenente al Flemish Gut Flora Project, è emerso che alcuni ceppi batterici quali Faecalibacterium e Coprococcus sono associati in modo significativo ad indicatori di migliore qualità di vita. Di contro, la carenza di Dialister e di Coprococcus correla con la depressione facilitandone la comparsa.

 

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Senza serotonina alto rischio di disturbo bipolare

Senza serotonina alto rischio di disturbo bipolare | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Esiste una relazione tra la serotonina e il disturbo bipolare? Uno studio condotto da ricercatori appartenenti chi al dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, chi all'Università della Campania, al Ceinge di Napoli e alla Fondazione Pisana per la Scienza, ha analizzato il legame tra la serotonina ed il disturbo bipolare ed in particolare tra la riduzione dei livelli della serotonina e l'insorgenza del disturbo bipolare.

 

I ricercatori hanno condotto lo studio sperimentando su modelli animali ed hanno visto che, inibendo la produzione di serotonina in alcuni topi, questi ultimi mostravano comportamenti relativi ad esempio alla perdita del senso di rischio, compatibili con quelli riscontrabili in persone in fase maniacale. Hanno notato di contro che,  se agli stessi animali veniva somministrato l'acido valproico, farmaco comunemente usato per la cura del disturbo bipolare, i comportamenti anomali e disfunzionali si normalizzavano.

 

Secondo M. Pasqualetti, uno dei conduttori dello studio: "La conoscenza dei complessi meccanismi che governano la fenomenologia del disturbo bipolare costituisce senz'altro un passo in avanti per l'identificazione di modelli validi per testare terapie farmacologiche sempre più avanzate".

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura del Disturbo Bipolare a Milano

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Hikikomori: quei 100 mila ragazzi che si isolano in casa

Hikikomori: quei 100 mila ragazzi che si isolano in casa | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Spesso, quando si parla di hikikomori, si commette l'errore di pensare ad un fenomeno che riguarda ragazzi con un'età media di circa 20 anni non presente sul nostro territorio, ma in Paesi lontani come ad esempio il Giappone. Invece è un fenomeno che colpisce anche l'Italia con potenzialmente 100 mila ragazzi.

 

Esiste in Italia un'associazione nazionale Hikikomori Italia, il cui presidente e fondatore è M. Crepaldi. Secondo quest'ultimo:"Si tratta di una pulsione all'isolamento sociale determinata da un forte disagio adattivo, che può associarsi e favorire lo sviluppo di psicopatologie, ma non necessariamente".

 

Spesso si confondono con soggetti dipendenti da internet anche se il computer per loro è l'unico mezzo di contatto con il mondo esterno che utilizzano per informarsi sull'attualità che per interagire con altre persone.

Inoltre, spesso vengono etichettati come soggetti depressi, ma secondo il presidente: "La depressione nasce solitamente in un secondo momento rispetto alla pulsione di isolamento. Quello che sembra mancare a questi ragazzi è un obiettivo che sia in grado di conferire senso alle proprie azioni. Tale perdita di senso può essere talvolta originata anche da una depressione esistenziale, ovvero un calo del tono dell'umore dovuto a una particolare presa di coscienza della realtà".

Ciò che sembra scatenare questa condizione è la pressione di realizzazione a cui la società ci sottopone.

 

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Depressione e tiroide disfunzionale: esiste un legame

Depressione e tiroide disfunzionale: esiste un legame | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Esiste una relazione tra l'alterazione del funzionamento della tiroide e alcuni disturbi neuropsichiatrici?

A tal proposito, l'University of Erlangen-Nuremberg ha condotto alcuni studi per indagare proprio la relazione tra disturbi d'ansia e depressione e tiroide con condizione cronica. In particolare, è stato indagato il ruolo della tiroide autoimmune (AIT).

 

E' stato riscontrato che, coloro che soffrivano di tale condizione a causa della quale la ghiandola in questione non aveva la possibilità di svolgere la sua normale funzione, riducendo di conseguenza la produzione di ormoni, presentavano ed avevano sperimentato condizioni di instabilità emotiva, tensione ed esaurimento.

La probabilità di sviluppare disturbi depressivi e d'ansia era tre volte maggiore nei pazienti con tiroide autoimmune.

 

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Disturbo ossessivo compulsivo post partum: esordio e sintomi del disturbo

Disturbo ossessivo compulsivo post partum: esordio e sintomi del disturbo | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

In seguito ad una gravidanza e al parto, è possibile e comunque non è così non frequente che alcune neo-mamme sviluppino la depressione post-partum.

Esiste, però, anche un altro disturbo che, seppur diagnosticato con minore frequenza, può caratterizzare le donne una volta nato il proprio figlio, il Disturbo ossessivo compulsivo post-partum.

 

Le donne in questione potrebbero avere pensieri "strani" tutte le volte che si trovano da sole con il proprio figlio che riguardano il fare del male a quest'ultimo. Tra i fattori predisponenti l'esordio è possibile rintracciare: esperienze associate con il parto pre o post termine, premorbosità del disturbo evitante e ossessivo compulsivo di personalità, storia psichiatrica precedente, complicazioni in gravidanza o legate al parto.

 

Sarebbe opportuno che le donne in gravidanza venissero a conoscenza non soltanto della possibilità di sviluppare depressione post-partum, ma anche dell'ipotetico arrivo e sviluppo di questi pensieri intrusivi poichè l'accudimento può rappresentare una fonte di forte stress.

 

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Depressione: uno studio smentirebbe la natura genetica del disturbo

Depressione: uno studio smentirebbe la natura genetica del disturbo | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Che ruolo ha la genetica nello sviluppo della depressione?

Molti studi in passato hanno dimostrato il coinvolgimento di alcuni geni, in particolare 18 geni, nello sviluppo della depressione. E' stato però condotto uno studio in Colorado dai risvolti diversi.

Lo studio si è prefissato come obiettivo la raccolta di dati provenienti da oltre 620.000 soggetti e l'analisi degli effetti dei polimorfismi dei 18 geni, dell'interazione tra polimorfismo genetico e ambiente, degli effetti dei geni in relazione alle diverse tipologie di disturbi depressivi e dei moderatori ambientali.

 

Dall'analisi dei dati è emerso che i 18 geni ritenuti prima centrali nello sviluppo del disturbo depressivo non risulterebbero associati al fenotipo depressivo più di altri geni non candidati.

 

Come mai sono stati ottenuti risultati diversi rispetto ad alcune ricerche?

Secondo i ricercatori in passato le analisi sono state condotte su campioni di grandezza molto limitata, i cui risultati potrebbero aver dato vita a dei falsi positivi.

 

Sarebbe opportuno non spostare l'attenzione dai fattori genetici sottovalutandoli, ma contemplare allo stesso tempo il ruolo dei fattori ambientali.

 

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Distimia o depressione cronica: sintomi e cura

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Quando si parla di distimia a cosa si fa riferimento?

La distimia rappresenta un disturbo dell'umore nel quale quest'ultimo risulta essere deflesso per la maggior parte del giorno per almeno due anni. E' un disturbo molto simile alla depressione con la quale condivide la sintomatologia, ma gli stessi sintomi tendono a presentarsi in forma meno grave ma più prolungata.

 

Ad esempio il soggetto con disturbo distimico può essere caratterizzato da anedonia e apatia intese come perdita di interesse e piacere verso attività quotidiane, bassa autostima, insicurezza, inadeguatezza, pensieri di autosvalutazione e colpa, alterazione del sonno e dell'appetito e, da un punto di vista cognitivo, da ruminazione.

 

Non vi è un'unica causa che può spiegare la presenza della distimia, infatti, quando si parla di eziopatogenesi del disturbo distimico, si fa riferimento ad una combinazione di fattori genetici, biologici, ambientali e psicologici.

 

Per il trattamento di questo disturbo risultano essere efficaci sia la farmacoterapia che la psicoterapia o la combinazione di entrambi gli interventi.

 

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Obesità e depressione: verso un trattamento integrato

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Non è raro che una persona abbia contemporaneamente problemi che riguardano il peso e l'umore infatti obesità e depressione alcune volte possono presentarsi insieme caratterizzando lo stesso soggetto. Perchè non creare un trattamento integrato che si occupi sia dell'una che dell'altra problematica restringendo il numero di professionisti che il paziente deve consultare, i tempi ed i costi?

 

Lo studio clinico Research Aimed at Improving Both Mood and Weight si è occupato proprio di questo, ovvero valutare l'efficacia di un programma integrato basato su un'alimentazione sana, attività fisica e, da un punto di vista psicologico, sulle capacità di problem solving del soggetto preso in carica.

Nello studio, 204 soggetti hanno seguito un programma integrato con consulenza medica individuale, la visione di alcuni video sugli stili di vita sani e contatti telefonici mensili con i professionisti. Gli altri 205 soggetti non hanno ricevuto alcun intervento aggiuntivo.

 

E' stato notato che, i soggetti sottoposti ad un intervento integrato, hanno ottenuto una maggiore perdita di peso e un miglioramento dei sintomi depressivi nell'arco di un anno rispetto ai soggetti appartenenti al gruppo di controllo per i quali non è stato predisposto alcun intervento aggiuntivo.

 

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Ruminazione: il trattamento della depressione di Watkins

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Che ruolo ha la ruminazione, intesa come un pensiero negativo che si ripete e che è ricorrente relativo la propria sofferenza e aspetti del sè, sulla generazione ed il mantenimento della depressione?

 

A tal proposito è possibile fare riferimento al manuale di terapia cognitivo comportamentale focalizzata sulla ruminazione per la depressione di Watkins, nel quale viene concettualizzato ed esplicitato un modello terapeutico basato sulla gestione della ruminazione.

 

Secondo l'autore, infatti, la ruminazione rappresenta un elemento chiave della depressione, che va ad esacerbare il tono dell'umore negativo e amplificare il pensiero negativo portando il soggetto a porsi continue riflessioni sul motivo del proprio stato.

 

E' proprio per questi motivi che è stato strutturato un intervento specifico sulla ruminazione intesa come elemento importante nel trattamento dei disturbi depressivi.

 

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Ciclotimia: quando la depressione si alterna all'euforia

Ciclotimia: quando la depressione si alterna all'euforia | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Spesso si sente parlare di ciclotimia o di disturbo ciclotimico, ma realmente si sa a cosa si fa riferimento con questi termini? E' stato intervistato il Dott D. Bozza per far maggior luce.

 

La ciclotimia rappresenta un disturbo categorizzato all'interno della macrocategoria dei disturbi dell'umore che prevede l'alternanza di stati depressivi a stati di euforia. In tal senso il soggetto caratterizzato da ciclotimia può alternare episodi di agitazione, di attivazione, tendenza a comportamenti a rischio ed episodi depressivi nei quali emergono i sintomi della depressione. Inoltre,il disturbo ciclotimico va distinto dal disturbo bipolare in quanto il primo viene considerato un disturbo meno grave, non cronico che può rappresentare l'anticamera di un disturbo bipolare.

 

Indicati per il trattamento del disturbo ciclotimico sono i trattamenti farmacologici e gli interventi basati sulla psicoterapia.

 

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Cutting e comportamenti autolesivi: come si curano?

Cutting e comportamenti autolesivi: come si curano? | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Quanto il cutting, inteso come gesto autolesionistico che prevede il procurarsi dei tagli sul proprio corpo, è frequente nei giovani a tal punto da richiedere un'attenzione particolare?

 

E' stato intervistato il dr. S. Vicari che ricopre i ruoli di referente scientifico e di docente presso l'Istituto ReTe di Roma.

Egli ha affermato: "Il cutting è un'attività autolesiva non suicidaria che gli adolescenti mettono in atto per vari motivi. In genere, sono giovani quelli che lo praticano, ma non necessariamente. Le ragioni possono essere differenti. Ad esempio, perchè questo da loro delle emozioni forti, perchè gli consente di scaricare l'ansia, perchè consente di vivere un'esperienza sul proprio corpo e questo racchiude l'angoscia che queste persone portano dentro. Spesso però dietro c'è un quadro psicopatologico anche molto importante, come ad esempio la depressione. I campanelli della depressione sono numerosi. Ci sono sia dei sintomi fisici che psicologici. E' molto importante individuarli questi casi, perchè i ragazzi non si fanno del male solo tagliandosi. L'attività autolesiva può essere più o meno grave. Diciamo che questa, soprattutto se è grave, correla molto con il rischio di suicidio. Prevalentemente, le zone del corpo sono le braccia e le gambe, ma poi può trattarsi di tutto il corpo. Può trattarsi anche di un singolo episodio. Generalmente, il cutting tende a presentarsi ripetutamente e con una certa regolarità nei ragazzi. Nel cutting, la terapia più indicata ed efficace è la psicoterapia cognitivo-comportamentale, salvo le forme più gravi in cui il cutting non è isolato ma c'è già l'intenzione suicidaria. E' molto utile fare un parent training, coinvolgendo i genitori e sostenendo la loro azione educatrice".

 

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Malati cronici: l’esercizio aerobico allevia la depressione

Malati cronici: l’esercizio aerobico allevia la depressione | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Quando si soffre di problemi di salute cronici il rischio di sviluppare depressione aumenta dalle 2 alle 3 volte e conseguentemente spesso vi è un peggioramento di questi problemi cronici. Quanto l'esercizio aerobico può alleviare la depressione?

 

E' stata condotta da parte della Concordia University di Montreal un'analisi dei dati provenienti da 24 studi effettuati su un totale di 4.111 soggetti caratterizzati da depressione e malattie croniche. Per alcuni soggetti sono state predisposte le tradizionali cure mediche mentre per altri l'esercizio aerobico.

 

E' emerso che le persone che svolgevano attività fisica almeno 2-3 volte alla settimana, avevano maggiore probabilità di mostrare una riduzione della sintomatologia depressiva rispetto alle persone che non svolgevano alcuna attività aerobica.

Per quanto le linee guida relative all'attività fisica raccomandino un allenamento pari a 150-200 minuti a settimana fino ad un'ora al giorno, è stato notato che i sintomi depressivi sono migliorati più o meno nella stessa proporzione anche a seguito di periodi di allenamento brevi e regolari, così come sostenuto da S. Bacon, coinvolto nello studio.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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Depressione e ansia nei medici

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Perchè tra i medici vi è una maggiore prevalenza di depressione, ansia e pensieri suicidi? Ciò può avere un impatto sull'assistenza del paziente?

 

Un team australiano ha preso in considerazione otto studi precedentemente svolti i cui dati hanno riguardato un campione composto da 1.023 medici. Questi ultimi sono stati sottoposti ad interventi basati sulla terapia cognitivo comportamentale individuale o di gruppo o a un training basato sulla mindfulness.

 

Dall'analisi dei dati emersi, tre studi su otto hanno mostrato una significativa riduzione dei sintomi della depressione, quattro studi su otto una significativa riduzione del disagio psicologico generale, uno studio ha mostrato una significativa riduzione dell'ansia ed un altro ha mostrato una significativa riduzione di pensieri suicidi durante un anno di tirocinio.

 

Secondo R. M. Epstein dell'University of Rochester School of Medicine and Dentistry: "Abbiamo bisogno di andare oltre al solo pensiero di burnout per affrontare l'intero spettro del disagio dei medici. Per farlo la cultura medica deve cambiare".

Secondo J. Eckleberry-Hunt, psicologo della salute: "I medici si sentono talmente inondati di lavoro da non avere nè tempo nè energie per partecipare a questi studi. Vi è l'obbligo morale di prendersi cura di loro che servono in prima linea nella sofferenza e nel dolore dei pazienti. Non è solo un problema medico. Il disagio del medico ha un impatto sull'assistenza e sugli esiti del paziente".

 

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Tassi di suicidio: rischio maggiore per chi vive ad alta quota

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E' risaputo che vivere ad alta quota produce notevoli effetti benefici su diverse condizioni mediche. A condurre però a risultati diversi è una recente revisione sistematica che ha rilevato tra le persone che vivono in zone ad alta quota degli Stati Uniti tassi di suicidio e depressione superiori alla media.

 

In merito a questi risultati sono state avanzate delle ipotesi come quella prodotta dai ricercatori dell'Università di Salt Lake City per i quali la bassa pressione atmosferica ad alta quota potrebbe abbassare i livelli di ossigeno nel sangue provocando un effetto sull'umore e rendendo le persone che vivono a queste altitudini più suscettibili a pensieri relativi al suicidio.

Un'altra ipotesi prodotta invece da Renshaw ha preso in considerazione la serotonina. Secondo quest'ipotesi l'ipossia danneggerebbe un enzima coinvolto nella sintesi della serotonina, probabilmente con conseguente abbassamento dei livelli di serotonina che potrebbe portare alla depressione.

 

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Cause della depressione: uno sguardo alle principali teorie

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Diverse possono essere le cause alla base della depressione così come sono altrettanto diverse le teorie formulate in merito. Le ricerche mostrano la presenza di due fattori di rischio principali come cause della depressione: un fattore biologico ed un fattore psicologico.

 

Per quanto riguarda il fattore biologico, è possibile menzionare diverse ipotesi tra cui l'ipotesi per cui il disturbo dell'umore può essere causato da una carenza di neurotrasmettitori come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina, oppure l'ipotesi per cui vi è l'alterazione di alcuni assi ormonali potenzialmente coinvolti nella regolazione del tono dell'umore, un'ipotesi immunologica della depressione ed un'ipotesi che contempla la neurotrofia.

 

In riferimento, invece, al fattore psicologico e più ampiamente ad un aspetto psicosociale, è possibile menzionare eventi stressanti quali ad esempio malattie fisiche, separazioni, cambiamenti importanti, lutti ed esperienze traumatiche infantili che possono essere vissuti come irreversibili. E, tra le teorie che hanno focalizzato l'attenzione sull'aspetto psicologico, è possibile rintracciare le teorie comportamentali, alcune delle quali si basano sul dato per cui a volte si può apprendere che non può essere fatto nulla per controllare o migliorare una data situazione, le teorie psicoanalitiche, alcune delle quali vedono le autoaccuse come manifestazioni di ostilità verso l'oggetto amato ed, infine, le teorie cognitiviste, alcune delle quali focalizzano l'attenzione su pensieri e pattern cognitivi disfunzionali visti come elementi centrali del disturbo.

 

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Studenti universitari: uno su cinque soffre di ansia o depressione

Studenti universitari: uno su cinque soffre di ansia o depressione | Disturbi dell'Umore, Distimia e Depressione a Milano | Scoop.it

Perchè quasi uno studente su cinque, all'interno della ricerca condotta dal Center for Collegiate Mental Health dell'University Park, ha dichiarato di soffrire di ansia o di depressione?

 

Secondo D. Rosenberg della Wayne State University di Detroit possono intervenire diversi fattori. Un uso eccessivo dei social media, e della tecnologia in generale, contribuisce a creare interazioni sociali alterate e un maggior senso di isolamento, provocando anche un senso di inadeguatezza che spinge le persone a paragonare la vita reale a quella virtuale. Inoltre, anche l'assunzione di sostanze stupefacenti può contribuire ad incrementare il fenomeno così come i costi troppo elevati dell'università.

 

Questi sono tutti fattori che, messi insieme alla frustrazione legata all'incertezza del futuro, possono contribuire allo sviluppo di ansia e depressione e che potrebbero spiegare il perchè uno studente su cinque può soffrirne.

 

A cura del dott Federico Baranzini - Psichiatra per la Cura della Depressione a Milano

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