Fornire una definizione esauriente di “welfare aziendale” è esercizio tutt’altro che scontato, date le diverse connotazioni che questa espressione può assumere a seconda dei contesti in cui viene impiegata. In linea generale, la nozione di welfare aziendale identifica una serie di servizi e prestazioni messi a disposizione dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti, al fine di aumentarne il benessere e (possibilmente) la produttività. Esempi classici di welfare aziendale sono asili nido e borse di studio per i figli dei dipendenti, copertura totale o parziale delle spese sanitarie, ma anche orari più flessibili, auto aziendale, prestiti agevolati e così via. Il welfare aziendale, detto anche “secondo welfare”, in quanto pensato per integrare il “primo welfare” di carattere pubblico, non è un concetto propriamente giuridico. La sua origine va infatti ricercata nella contrattazione collettiva, e più in generale nelle relazioni industriali, ambito da sempre caratterizzato da una particolare predisposizione alla creazione di neologismi (si pensi per esempio a termini quali causal one, contratto unico, contrattazione di prossimità etc.).