MARGUERITE DURAS | SenzaZucchero | NOTIZIE DAL MONDO DELLA TRADUZIONE | Scoop.it

Il pubblico di Duras deve essere pronto a tutto, sia al cinema sia leggendola. Deve abbandonarsi a un flusso, oscillare, regredire, crederle ciecamente, credere che lei comunque stia dicendo la verità, e solo questo conta: la sincerità, l’autenticità di un autore. E gli attori devono abbandonarsi anche loro, come il pubblico. Quando Gérard Depardieu scopre che, interpretando Le camion, non può ricorrere ai suoi consueti strumenti interpretativi, ma deve semplicemente limitarsi a leggere la sceneggiatura seduto accanto all’autrice a un tavolo della casa di Neauphle-le-Château, non oppone resistenza. Sa che girare con Duras è un’esperienza a parte, un’avventura dello spirito prima che della professione. Così accetta di diventare voce fuori campo, o timido attore che chiede cosa diavolo stiano facendo: «E’ un film?» «Sarebbe un film». «E’ un film, sì». Un film che fa i conti con la delusa coscienza politica della scrittrice per interposta persona, attraverso quella donna anziana che chiede un passaggio, quella matta che passa i giorni a chiedere passaggi, e a un certo punto afferma, grazie alla stessa Duras che nel film la racconta a Depardieu: «E poi lei dice: sa, io, personalmente, credo che Karl Marx sia finito».