Diario di una traduttrice editoriale: tradurre Kent Haruf | NOTIZIE DAL MONDO DELLA TRADUZIONE | Scoop.it

Un appunto a parte per i dialoghi di tutti i libri di Haruf: secchi, essenziali, secondo Cremonesi si traducono quasi da soli (“C’è quasi da sentirsi in colpa a metterli sul conto dell’editore!”, ha scherzato). Anche perché in questi romanzi la comunicazione è spesso affidata a gesti e sguardi anziché alle parole. Ecco, tradurre la gestualità è un altro discorso, che è già stato affrontato da altri ma che non credo si sia rivelato un problema con un autore attento ed essenziale come Haruf, o se lo è stato Cremonesi ha avuto la capacità di non farlo notare. Fra l’altro ha definito la scrittura di Haruf “affettuosa ma senza smancerie, calda ma non appiccicosa”, e questa definizione mi è piaciuta moltissimo.