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Dopo la bufera per il prezzo di lancio di Oculus Rift, qualche considerazione a freddo sulle esperienze virtuali disponibili oggi. E su quelle che ci aspettano

Tanto tuonò che piovve. Virtualmente, sia chiaro. Mentre rimane difficile sapere se sarà Oculus Rift a traghettarci in massa verso lidi immersivi a 360 gradi, è il prezzo dell’headset virtuale di Facebook – 599 dollari per gli States, 742 euro tasse e spedizione incluse dalle nostre parti – a produrre la prima rivoluzione fra il pubblico, in subbuglio dopo l’annuncio: un costo non alla portata di ogni tasca, cui va sommato quello di un computer dai requisiti minimi non proprio minimali, quantificabili fra i 1000 e i 1500 euro aggiuntivi.

Per farla breve, oggi il biglietto per immergersi nel futuro sintetico costa quasi 2mila euro. Confort di alta gamma non compresi nel prezzo.

Eppure, nonostante anche le impressioni di Wired non siano univoche – si passa dall’ottimismo dell’edizione americana ai nostri toni più prudenti – pare che tutti concordino sul fatto che liquidare il Rift spacciandolo per l’ennesima chimera del virtuale sia una bocciatura quantomeno frettolosa.

E non tanto perché sulle superbe potenzialità economiche dell’infante, analisti e attori in gioco convengano (Cta e Gfk prevedono che, nel solo 2016, il fatturato globale della VR toccherà i 540 milioni di euro, una crescita del 440% anno su anno); piuttosto perché a prescindere dal Rift, dal Vive Pre (in uscita ad aprile e con un prezzo che le ipotesi vorrebbero sui 1500 euro), da PlayStation VR (800 euro secondo un leak di Amazon Canada, smentito da Sony), ebbene a prescindere da qualsiasi visore magari ancora da progettare, una e una sola cosa è certa: il nostro domani sarà virtuale. E almeno aumentato.