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Corsa alle fonti rinnovabili, il mondo riparte con Joe Biden

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Con l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, tutto fa pensare che possa ripartire nel mondo la corsa alle fonti rinnovabili. Si moltiplicano i progetti su fotovoltaico ed eolico, privati e pubblici, negli Usa e in Europa. In Italia si mobilitano il Gruppo Enel e Terna.

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Clima, danni per 100 miliardi di dollari nel 2020

L’associazione umanitaria Christian Aid ha messo in fila tutti  i disastri naturali del 2020 e ha calcolato che quelli riconducibili al  cambiamento climatico sono costati all’umanità 100 miliardi di dollari di danni e molte migliaia di vite umane.  Il 2019 e il 2020 sono stati gli anni più “caldi” da quando l’uomo abita la Terra con una temperatura globale di 1,2 gradi superiore alla media di tutto il periodo pre industriale.

Eppure, è ormai dietro l’angolo il giorno in cui, andando avanti così, il surriscaldamento toccherà la soglia critica di 1,5 gradi. Accadrà fra il 2027 e il 2042 secondo un nuovo modello matematico messo a punto dalla McGill University. Il modello si chiama Scaling Climate Response Function (SCRF) e si basa sulle serie storiche, anziché su relazioni teoriche tra valori, come i modelli usati dall’IPCC, l’organizzazione internazionale dell’ONU che ha ispirato l’Accordo di Parigi sul clima. E anticipa di circa dieci anni la data critica, quella del non ritorno.

Il punto di non ritorno con 10 anni d’anticipo

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Il giorno in cui, cioè,  l’inerzia del mutamento climatico porterà comunque la temperatura media del pianeta oltre i 2 gradi di aumento a fine secolo, che è la soglia massima tollerabile per la sostenibilità della nostra specie, così come l’abbiamo conosciuta.

Anche rispettando alla lettera gli impegni alla riduzione delle emissioni presi a Parigi dai 192 Paesi firmatari dell’Accordo, quindi, potremmo trovarci presto con un clima fuori controllo. Figurarsi cosa può accadere se nemmeno quegli impegni venissero onorati, come intendeva fare l’amministrazione americana uscente ritirandosi dall’ accordo.

Il mondo guarda a Joe Biden

Il nuovo presidente eletto Joe Biden la pensa diversamente e ha già annunciato che rientrare nell’Accordo di Parigi sarà uno dei suoi primi tre atti. Cosa vuol dire per gli Usa? Significa  riprendere il cammino verso la transizione energetica dai carburanti fossili (petrolio, carbone e gas) alle fonti rinnovabili e all’energia pulita. Per l’Europa e per il Pianeta  vorrà dire ritrovarsi come compagno di viaggio il Paese con il più alto livello di emissioni climalteranti pro capite e il secondo emettitore in assoluto, dopo la Cina. Cina che a sua volta si è impegnata a decarbonizzare totalmente la sua economia entro il 2060. Cosa che l’Europa farà entro il 2050.

Il piano di Joe Biden: 2 mila miliardi sul clima

Le aspettative sono grandi. E infatti si moltiplicano gli annunci di nuovi  investimenti sulla Green Economy. Joe Biden prevede per gli Stati Uniti duemila  miliardi di dollari di investimenti nei primi quattro anni del suo mandato e 4.500 miliardi nel decennio per installare 1.600 GW di nuova capacità elettrica da fonti rinnovabili, sostituendo definitivamente le fonti fossili nella produzione di elettricità. Contemporaneamente, il piano prevede infrastrutture di distribuzione e stoccaggio, infrastrutture per auto elettriche, trasporti pubblici sostenibili, riqualificazione delle abitazioni.

Amazon & C. lo seguiranno

Non si tireranno indietro i colossi industriali privati. Amazon, per esempio, intende raggiungere il 100% di energia rinnovabile entro il 2025. Ha già in budget 131 progetti, tra cui la copertura con pannelli solari di 60 suoi stabilimenti nel mondo, per un totale installato di 3,4 Gigawatt. Quattro parchi fotovoltaici saranno in Italia, per un totale installato di 66 MW. E investirà 440 milioni di dollari per acquistare una flotta di 100 mila furgoni elettrici della Rivian di qui al 2030.

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Jeff Bezos, fondatore di Amazon

Il fondatore Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, ha lanciato anche il Right Now Climate Fund che con una dotazione di 100 milioni di dollari, si occuperà di tutela della Natura.

Bezos, infine, è’ stato il promotore del The Climate Pledge che raccoglie  dodici grandi aziende globali nell’impegno a costruire un futuro collettivo migliore. Oltre a Amazon ne fanno parte Microsoft Unilever, l’emittente britannica ITV, Coca-Cola European Partners, Uber, Best Buy, Siemens e Verizon. Ha già investito su cinque società emergenti dedicate a cattura del carbonio, risparmio energetico, economia circolare, mobilità elettrica.ù

L’Ue alza l’obiettivo CO2: -55% nel 2030

 Continua però ad essere l’Europa il portabandiera della sostenibilità.  Poche settimane fa Bruxelles ha varato i nuovi obiettivi di politica energetica stabilendo che già nel 2030 le emissioni di CO2 dovranno ridursi del 55%, con un forte sviluppo dell’energia pulita. A questo fine ha dedicato la parte  maggiore degli investimenti finanziati dal Recovery Fund. Secondo l’ultimo report della IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, nel primo semestre 2020 in Europa le fonti rinnovabili hanno già prodotto più energia dei combustibili fossili: il 40% dell’elettricità contro il 34% delle fonti più inquinanti.

E in Italia la situazione è addirittura migliore: secondo i dati dell’Enea le rinnovabili hanno raggiunto in maggio un record storico, arrivando a soddisfare oltre il 50% della domanda energetica, con il 20% prodotto da eolico e solare. Questo nonostante un aumento della capacità (circa il 7% negli ultimi sei anni) più lento rispetto alla media europea del 14% e alle punte del 16-18% dei Paesi più virtuosi come Germania, Francia e Spagna.

Enel Green Power col vento nel motore

A partire dal 2020, però, anche l’Italia sembra aver cambiato passo. Enel Green Power, leader mondiale  nel settore dell’energia green, ha appena avviato la costruzione del parco eolico di Partanna, in Sicilia. Quando entrerà in funzione, il prossimo aprile, produrrà circa 40 GWh l’anno di energia rinnovabile, equivalenti al fabbisogno di  10mila abitazioni. Eviterà ogni anno l’emissione di circa 33 mila tonnellate di CO2.

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Francesco Starace, numero uno del gruppo Enel.

E proprio ieri ha avviato i lavori per uno dei più grandi parchi eolici nel mondo. Sorgerà a Nxuba, in Sudafrica (provincia del Capo Orientale). Sarà supportato da un accordo di fornitura di energia di 20 anni con la società energetica sudafricana Eskom. Genererà 460 GWh all’anno, risparmiando 460 mila  tonnellate di CO2. L’investimento è stato di 245,36 milioni di dollari. 

In Italia entreranno in servizio nel 2021 altri tre impianti eolici in in Campania, Molise e Basilicata. E sono già stati pianificati interventi di rifacimento e potenziamento di altri impianti esistenti, sia eolici sia idroelettrici, in Molise, Sardegna, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna. In Italia Enel Green Power gestisce già una capacità complessiva di rinnovabili pari a 14 GW. Entro il 2030 stima di ampliare la sua capacità in Italia di altri 41 GW.

Starace (Enel) “Fra 10 anni saremo green all’80%”

Entro il prossimo biennio il Gruppo Enel installerà nuova capacità rinnovabile per 700 MW. Ma già nel 2019 ha prodotto in Italia circa 24 TWh da fonti rinnovabili, pari al 52% della propria produzione e al 21% della produzione energetica nazionale da fonti rinnovabili. Nel doppio piano industriale presentato un paio di mesi fa il gruppo ipotizza un ulteriore colpo di acceleratore.

Da oggi al 2023 investirà sulle energie rinnovabili 40 miliardi di euro a livello mondiale. Nel secondo, al 2030, definito «Vision», altri 190 miliardi. Di questi, 95 miliardi saranno dedicati alle rinnovabili che triplicheranno la capacità installata portandola a 120 GW, dagli attuali 45 GW. Da quest’anno entrano nelle strategie del gruppo anche le batterie (5 miliardi di investimenti previsti) e l’idrogeno verde. Sono due settori inediti per Enel. Ma potrebbero diventare cruciali per lo stoccaggio dell’energia e il bilanciamento della rete quando gran parte della produzione dipenderà da fonti rinnovabili, intermittenti e non programmabili.

Guardando al 2030, ha spiegato l’Ad Francesco Starace, il mix energetico del gruppo dipenderà all’80% da fonti rinnovabili e per la restante parte da gas. Dal 2027 Enel uscirà definitivamente dal carbone.

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Terna prepara la rete per le rinnovabili

Anche Terna, la società controllata dal Tesoro che si occupa di gestione delle reti di trasmissione ad alta tensione, ha appena presentato un aggiornamento del piano industriale che prevede un aumento degli investimenti del 22% rispetto al piano presentato nel marzo scorso. Nel periodo 2021-2025 gli investimenti saranno di 9,2 miliardi di euro. L’obiettivo è adeguare la rete alle nuove funzionalità richieste dallo sviluppo delle fonti rinnovabili, dalla generazione elettrica diffusa  e dall’elettrificazione di nuovi settori, come quello dei trasporti.

Il neo amministratore delegato Stefano Donnarumma ha spiegato che «è fondamentale agire oggi per consegnare alle prossime generazioni un sistema elettrico sempre più affidabile, efficiente e decarbonizzato».

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14 COMMENTI

    • Lei posta un servizio non proprio aggiornatissimo (2014) per dimostrare cosa? Che lo shale gas è fallito? Non lo è affatto: gli Usa estraggono con il fracking più della metà del loro gas naturale e una percentuale appena inferiore del loro petrolio, oggi però in crisi solo per una questione di costi. Il programma elettorale di Joe Biden è pubblico e ufficiale. Vedremo se lo attuerà. Certo non potrà fare peggio di Trump che si è sempre dichiarato negazionista e ha agito di conseguenza allentando tutte le norme ambientali in vigore negli Usa (comprese quelle per frenare l’uso del carbon fossile).

  1. Signori, è troppo tardi per salvare la Terra e lo sanno tutti.
    Soltanto con l’intervento divino
    si potrà fare. L’egoismo dell’uomo non permetterà proprio nulla.
    Per fortuna sta arrivando il Regno promesso,

  2. Sono scettico perché: pensate ad un referendum senza quorum. Vince chi invita a non votare perché si prende gratis di partenza tutti quelli che non hanno interesse ad andare a votare, tra cui tanti che non sano neanche di cosa si parla. Qui è lo stesso. Siamo 7.5 miliardi. Non tutti possono essere informati, bene informati, con la capacità di discriminare. La consapevolezza è il bene più prezioso che abbiamo ma è anche il bene che meno sappiamo/possiamo difendere. Ogni uno di noi è solo di fronte ad eserciti, spesso coalizzati. Dividi e impera. I sistemi di educazione/informazione non sono sufficienti e sono infiltrati. Manca qualcosa. Mancano delle grosse no-profit capaci di costruirsi una solida reputazione, capaci di contrastare fake news e capaci di raggiungerci in qualche modo. Arriveranno. In attesa, un ringraziamento alla redazione, che a mio parere è un esempio di informazione obiettia

    • Grazie di cuore per l’appoggio. Gli avvenimenti di questi giorni, quello microscopico che ci ha coinvolti (mi riferisco al video di Greg Garage) e quello macroscopico dell’attacco al Campidoglio, si collocano tutti su una linea rossa che è poi la stessa a cui accenna lei.

  3. Vi volevo comunicare che Jeff Bezos da oggi non è più l’uomo più ricco del mondo superato dal mitico Elon!!!!

      • Bezos ci ha messo anche il 10% del suo patrimonio personale.

        Elon Musk, oggi l’uomo più ricco del mondo, lo scorso anno è sbarcato in Europa ponendo fine, per realizzare la Gigafactory di Berlino, a 92 ettari di foresta.
        Musk ha abbattuto 92 ettari o se si preferisce 920.000 metri quadrati di quella che era la foresta di Gruenheide, a est di Berlino.
        Consumare un’area libera, destinandola all’edificazione di impianti produttivi è un fallimento della pianificazione urbanistica e del governo del territorio.
        Da oltre vent’anni in Europa si pianificano i piani di insediamenti produttivi attraverso la bonifica, la riconversione, il riuso e la riqualificazione.
        L’opportunità politica è rappresentata dal riutilizzo di aree industriali dismesse, sottoutilizzate e/o da bonificare.
        Il danno ambientale è rappresentato dal taglio di una foresta che anche se cedua produttiva a rimboschimento programmato verrà cancellata da un plant che richiede la realizzazione di infrastrutture ed urbanizzazioni per la sua natura energivora.
        Questa eccezionalità è una responsabilità meramente politica e nel caso, solo se verrà dimostrato, della società che ha avuto questi vantaggi. Vantaggi perché l’area è stata acquisita a 13 euro al mq escluse compensazioni ambientali.
        In questi plant è obbligatoria sia la VAS (piani e programmi) per il piano d’insediamento produttivo, che la VIA per l’opera. Certamente, sia l’Autorità Procedente che la Competente del lander avranno valutato nel merito il Rapporto Ambientale presentato da Tesla. Per cui ci sono soggetti di valutazione che hanno profili di responsabilità diversi nell’aver indirizzato il decisore politico.
        Se guardiamo oltre, come sempre facciamo su VaiElettrico e pensiamo all’intero ciclo produttivo sappiamo che esso non è solo ed esclusivamente quello svolto nella Gigafactory, ma che inizia dalle materie prime fino al riciclo, ragion per cui dovremmo chiederci:
        – Cos’altro può fare Tesla per ridurre l’impatto ambientale delle batterie agli ioni di litio?
        – Esistono altre tecnologie emergenti per lo stoccaggio dell’energia che hanno un impatto minore sui cambiamenti climatici?
        Tesla ha introdotto mezzi di trasporto che non rilasciano emissioni quando funzionano, però le batterie agli ioni di litio che sono un ingrediente chiave sia per le auto che per i Powerwall causano entrambi danni ambientali significativi.
        Tesla dovrebbe programmare il riciclo in loco delle batterie agli ioni di litio presso il Gigafactory e Musk metterci una decina di miliardi del suo patrimonio per azioni in favore della tutela dell’ambiente.
        Tesla dovrebbe anche fornire energia rinnovabile nelle miniere di litio, magari installando i propri pannelli solari in loco, per ridurre in primo luogo l’impronta di carbonio dell’estrazione del litio.
        Infine, Tesla dovrebbe dimostrare l’impegno e il lavoro intrapreso sul riciclaggio delle batterie, per informare – con rapporti ambientali più ampi dell’ultimo presentato – il pubblico, primi tra tutti i consumatori attenti all’ambiente, garantendo che stanno facendo ogni sforzo per evitare che le batterie agli ioni di litio abbiano un impatto minimo sull’ambiente.

        Ora fiduciosi aspettiamo per vedere cosa farà l’uomo più ricco del mondo per l’ambiente e per tutti noi.

        • L’uso del suolo è stabilito dalle amministrazioni (pensi, anche l’uso del suolo privato). Quindi le critiche vanno indirizzate alle amministrazioni (e quindi alla politica)
          Per le critiche sul riciclo credo che occorra aspettare qualche anno. La giga factory in nevada è +- recente. Gli diamo 10 anni prima di criticare? Saro’ con lei al tempo giusto. Nel frattempo, lei ammette con me che c’è tanto inquinamento già oggi di cui le corporazioni non hanno pagato?
          – chi sta pagando per i disastri da eccesso di CO2?
          – chi sta pagando per i disastri ambientali da plastica?
          – chi sta pagando per i morti/malattie causate alla combustione di carbone?
          – chi ha pagato le conseguenze dei disastri nucleari?
          Non crede che c’è già molto intorno a noi oggi a cui guardare?

          • Nel sono al corrente, si chiama urbanistica, è una scienza che insegue il metabolismo del territorio e non mi è nuova.

            Da una multinazionale, seppur statunitense, come Tesla, che ha anticipato il business elettrico, mi sarei aspettato da subito, immediatamente, una produzione carbon-neutral, come quella già ottenuta da Audi negli impianti di Bruxelles e Győr pur costruendo endotermiche, da Volkswagen a Zwickau, dove si consuma energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili, la cui fornitura è garantita da Volkswagen Kraftwerk, generata da centrali eoliche, idroelettriche e fotovoltaiche per una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 106.000 tonnellate ogni anno.
            Non da meno Porsche che ha due impianti di cogenerazione a Stoccarda-Zuffenhausen per colmare il divario rimanente alla produzione neutra in termini di CO2 della Taycan.

            Dalla più importante multinazionale dell’automotive, delle stazioni e sistemi di ricarica, delle coperture fotovoltaiche, mi sarei aspettato molto di più e molto prima.
            Ritengo che come prodotto, l’automobile debba conseguire un’etichetta simile nei principi a Climate Pledge Friendly, proposta da Bezos, ma difficilmente controllabile.
            Una inequivocabile valutazione internazionale dove vi sia maggiore trasparenza sull’utilizzo energetico delle multinazionali, dove sia possibile valutare l’impatto nel mondo reale delle produzioni e servizi che devono impiegare energia rinnovabile eliminando rapidamente i combustibili fossili.
            Cosa possiamo fare noi?
            Boicottare le multinazionali.
            https://www.greenpeace.org/usa/reports/oil-in-the-cloud/

            Sulla carbon tax troppo è stato detto, poco esatto fatto.
            Ora sembra che, dopo anni di rinvii sia venuto il momento politico di agire per porre un freno al riscaldamento globale.
            I nuovi plant e quelli attualmente in funzione devono adottare soluzioni tecnologiche carbon neutral, diversamente si incorre nella leva economico-fiscale, quantomeno in UE.
            La pandeconomia ha aperto gli occhi ai politici che ora devono affrontare l’inevitabile cambiamento climatico. La Terra si sta riscaldando sia perché i gas serra sono costosi da eliminare sia perché i governi hanno permesso alle imprese di emetterli nell’atmosfera senza tassazioni.
            Dal primo gennaio i tedeschi pagheranno 25 euro per ogni tonnellata di CO2 emessa. Il prezzo di un litro di benzina aumenterà di 7 centesimi, olio combustibile e gasolio di 8 centesimi per litro.
            La carbon tax salirà negli anni successivi, portandosi a 55 euro per ogni tonnellata di CO2 emessa.
            Dal 2026 il prezzo finale di ogni certificato di emissione sarà determinato tramite aste, in un range compreso tra 55 e 65 euro per tonnellata di CO2.
            Con le entrate della carbon tax, il governo tedesco ridurrà la sovrattassa sulle bollette elettriche e finanzierà lo sviluppo delle energie rinnovabili.
            Noi e i francesi abbiamo problemi politici nell’imporla, come hanno dimostrato i gilets jaunes.
            In Italia c’è troppa sofferenza, il governo è appeso a un filo, la politica non è coesa anche in presenza di questa crisi pandeconomica, chi mai oserà mettere la carbon tax?

            Probabilmente saranno loro, le nuove generazioni, quelle che oggi compiono 18 anni, quelle che affermano:
            “Avere figli non è da egoisti. Il problema non sono le persone, ma come si comportano”

  4. Lo scettico (io) lascia un commento: in giro c’è sempre più fumo che arrosto. L’etica non abbonda e di statisti neanche a parlarne. Nessuno dei cinici moderni (leggi rampante politico con bava da finanza) prende decisioni di cui non ne godrà i frutti. Unica possibilità è una forte consapevolezza generalizzata che genera un ritorno di immagine a chi prende qualche timida decisione (meglio se apparente che sostanziale). Se così siamo messi – e non ho dubbi – in aggiunta alla forte attività di lobbing, di cui abbiamo sentito l’odore con qualche processo in america, è necessario distribuire negazionismo a piene mani: no consapevolezza, no decisioni. Attenzione: oggi potrebbe costare meno distribuire negazionismo che non “agevolare” qualche decisione nazionale/internazionale. Dal vostro affezionato IT, cordiali saluti

  5. Temo ci sia un errore nell’articolo, sostieneche l’impianto di Partanna in Sicilia produrrà 40 GWh/anno evitando l’emissione di 33 tonnellate di CO2 mentre l’impianto da 460 GWh in Sudafrica ne eviterà 460.000 tonnellate. L’agenzia stampa parla di 33.000 tonnellate per l’impianto siciliano (https://www.enelgreenpower.com/it/media/press/2020/08/enel-green-power-avvia-la-costruzione-del-parco-eolico-di-partanna-in-sicilia-)

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